domenica 30 giugno 2013

gatti in fuga


Da qualche giorno il Signor Degas e Mr. Billy sono in villeggiatura.

A casa della Mamma-nonna, a parte i rimbrotti della Nonna-bisnonna che «non vado a dormire se loro sono dentro», a parte i divani ricoperti di lenzuola, le sedie rivestite di cuscini anti-graffio, le porte costantemente chiuse… a casa della Mamma-nonna, dicevo, stanno bene. Hanno il giardino in cui avventurarsi, degli amici a quattrozampe che si ricordano di loro e li aspettano fuori della porta.

Però forse non basta.

Ieri sera eravamo invitati dalla Mamma-nonna per “l’ultima cena”: muso lungo perché «come farò senza vederla per due settimane?». Alla Princi, ovviamente; di noi, ormai, non se ne importa più nessuno. E vai a spiegarle che al ritorno avrà un surplus di baby sitteraggio da fare: niente, il muso lungo e affranto è rimasto.

Fatto sta che a un certo momento ci siamo decisi a fare un giro in centro: di solito, il sabato, un po’ di vita c’è e ieri ancor più del normale visto l’avvio dell’atteso torneo di basket cittadino. Ci incamminiamo con la Princi bellamente spaparanzata nel passeggino.

Quand’ecco che Mr. Billy zompa oltre il recinto e comincia a seguirci.

Ok, pensiamo: si fermerà prima di attraversare la strada. No. Va bene: tornerà indietro ora che c’è il parcheggio. No. Con la sua andatura saltellante e qualcuno dei suoi miagolii effemminati, continuava a seguirci; in qualche caso anche a precederci controllando sempre che fossimo lì vicino a lui. Torniamo indietro.

 

Anche il Signor Degas aveva preso il coraggio a due mani e stava per attraversare la strada.

Li rispediamo dentro il recinto ma niente da fare: Mr. Billy ricomincia l’inseguimento, si ferma di tanto in tanto, ci guarda con i suoi occhioni smarriti.

Mi ha fatto una tenerezza infinita: il prezzo della libertà non è nulla all’affetto che vuole da noi. Nonostante i tiraggi di coda e le spelature manuali della Princi, che poi compensa appoggiando dolcemente la testa sul suo panciotto e cospargendogli il naso di bacini.

E poi vederlo camminare con le zampette incrociate a ogni passo mi ha ricordato perché gli abbiamo dato quel nome: quello che originariamente doveva essere la gattina Amélie, appena scoperto il qui pro quo si è trasformato in Billy, proprio come Billy Elliot. E mai scelta è stata più azzeccata, vista la sua andatura che ricorda il pas de quatre del Lago dei cigni.

Idem per Degas: l’appropriatezza del nome è costantemente confermata dal suo rifugiarsi dietro i libri d’arte nel mobile del salotto. E ogni volta ci chiediamo come faccia a infilarsi in quello spazietto angusto. Forse, a dire il vero, sarebbe stato più adatto chiamarlo Houdinì.

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