domenica 30 giugno 2013

e la Princi corre e va


Negli ultimi tempi la Princi cento ne pensa e mille ne fa. Anzi: cento ne vede e duemila ne imita.

Il punto nel giorno del suo diciassettesimo complimese.

 
Sono ormai mesi che ruba dal mobiletto del bagno il piumino per la cipria passandoselo sulle guanciotte, che finge di mettersi rossetto e ombretto e che riproduce il “psst!” del profumo. Ma adesso siamo oltre.

Dopo giorni e giorni in cui mi accecava puntandomi le ditine negli occhi e facendosi autolesionisticamente lo stesso ho capito che con quel gesto intendeva imitare il momento in cui mi metto il mascara.

 

E’ ormai prassi, poi,  che quando sta dalla Mamma-nonna vada a svuotarle il cassetto in cui tiene i bigodini e, se le va dritta, riesce a impossessarsi di un pettine, di una lacca e voilà: il gioco della parrucchiera è fatto. Forse, però, vista la sua scarsa dotazione di capelli, non ha ancora ben capito la differenza fra un pettine e qualsiasi altro aggeggio, tanto che spesso prende il coltellino e la forchettina del suo finto set da tavola per ravviarmi la chioma.
  
Sempre in tema di beauty, il suddetto armadietto del bagno si è ormai quasi completamente svuotato: dopo, cioè, aver passato giornate intere a riordinare assorbenti, creme, smalti che lei ordinatamente cospargeva sul pavimento. Fra l’altro con gli smalti c’è anche stato un incidente, la rottura di una boccetta proprio mentre eravamo sulla porta di casa pronte per uscire: bene che non si sia fatta male, ma peccato perché era uno spettacolo sbirciarla di nascosto mentre allineava con attenzione sul coperchio del water  tutti gli smalti alternando questo lavoro con un “psst!” qua e là (come se lo smalto fosse spray) e proponendo le ultime tendenze colore a un allibito Topolino e a una vanitosa Paperina di gomma. poi, ogni tanto, il bagno è luogo di imprevisti...

Non parliamo di collane e borse: le nonne ancora non l’hanno capito tanto che continuano a dirle «La prossima volta ti compro una borsa!». Farebbero senza dubbio cosa migliore se girassero la proposta a me e non per incrementare la mia dotazione (?!) ma perché la Princi usa solo le borse che vede usare: delle altre non gliene può fregare di meno. Tanto che è capitato già due volte che, preparata una borsetta mini in pendant con ciò che avevo messo, me la sono vista trafugare da una pallina festante: che, fra l’altro, la porta appesa al braccio con una disinvoltura senza dubbio maggiore della sottoscritta.

Della propensione per la lettura ho già parlato, soprattutto di quella notturna; ma la Princi non si limita alla sua piccola ma sempre più nutrita biblioteca. È da parecchio che ruba cataloghi e cataloghini dalla libreria dell’ingresso solo che, ultimamente, essendosi intensificati gli impegni espositivi, ha iniziato a riconoscere gli artisti che vede riprodotti sulle pagine quando poi li incontra dal vivo.

 
Nel campo dell’avvicinamento-lavaggio del cervello alla danza, la lettura interattiva del suo libretto dopo la riproduzione del salto, della pirouette e del grand jettè, si è arricchita dell’inchino: un po’ troppo frettoloso, avrebbe commentato la mia vecchia direttrice, ma ci lavoreremo su.

 
 

Finge di mettere in moto l’auto girando delle chiavi fantasma nel cruscotto, apparecchia e sparecchia porgendo anche il suo piatto vuoto al cameriere se siamo al ristorante, avvia le lavastoviglie (la nostra e quella della Mamma-nonna), apparecchia seria seria per le nonne il tavolino nell’ingresso di casa loro usando piatti di carta e i finti cibi che ha in dotazione il suo cestino del pic nic, butta via l’immondizia sotto il lavello… e chissà quante cose ho scordato.

 

Così come senz’altro scoderò qualcuna delle parole che quotidianamente vanno a ingigantire il Princibolario: dopo mamma e Papa siamo finalmente arrivati a un sicuro e ridondante papà.  E poi nonna, nonno, (sì), no, checher (crackers), piha (pizza), cacca (non poteva mancare!), Ara (Sara), diaisc (qui la questione non è ancora ben risolta ma credo voglia dire disegnare), pepe (pinguino? Pimpa?), tau (ciao). Questa è una parola che ha imparato talmente bene nel suo significato che stamattina, borsetta della mamma appesa al braccio, se n’è uscita con un altisonante «tau!» proprio sulla porta di casa: da qui a chiederci le chiavi sarà niente.

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