sabato 11 maggio 2013

di acqua al gas nervino, caprigne e memoria da elefanti



 Con gli ormai canonici dieci giorni di scarto esistenti fra la vita reale e il resoconto nel blog, eccomi a raccontare dei tre giorni di vacanza che ci siamo concessi. Evento di per sé degno di nota e festeggiamenti sia perché significa che siamo riusciti a far combaciare periodi di ferie/non lavoro facendoli peraltro collimare, cosa senz’altro più eccezionale, con  un periodo in cui la Princi era in buona salute.

Forse troppa.

Ora: avere un bimbo per una persona tendenzialmente programmata in modalità office  per ogni minimo aspetto dell’esistenza è qualcosa di oltremodo destabilizzante. Non solo perchè raffreddori, febbri, vaccini, malattie esantematiche possono far saltare programmi anche a breve scadenza. Ma soprattutto perché hai la malsana, corrosiva presunzione di controllare tutto ed essere tesa come un mazzo di corde di violino nella speranza che fili tutto liscio. Ovvero: che la bimba dorma; che la bimba sia tranquilla in modo da permetterti di riordinare, cucinare, docciarti, truccarti in pace; che la bimba non faccia capricci quando uscite; che non si sporchi quando mangia; che non faccia le linguacce in prossimità di vigili urbani o altre forze dell’ordine; che a fine giornata decida pressochè spontaneamente di imboccare la strada del letto.

Se una sola di queste cose in lista riesce, è già tanto.

I giorni trascorsi con la Princi sono stati bellissimi e faticosissimi. A cominciare dalla preparazione della valigia dove ovviamente lo spazio destinato a lei supera di gran lunga quello occupato dalle cose di Lui e mie messe insieme. Perché una brava mamma mette le sue cose dopo quelle della  bimba e quindi, se i centimetri di bagagliaio scarseggiano,  via il rasoio per depilarsi e dentro lo scaldabiberon: che tanto il marito ce l’hai già, quindi puoi anche rimanere allo stato brado.

Poi c’è la sistemazione post vacanza: e nonostante siano passati dieci giorni l’armadio trabocca di panni da stirare con, ovviamente, quelli che si sono aggiunti dopo il ritorno che hanno affossato quelli delle mini ferie.

In mezzo ci sono stati tre giorni in cui la Princi ha dato il meglio di sé in fatto di relazioni sociali. Complice un’organizzazione  a buffet di colazione e cena, mattina e sera vagava per la sala da pranzo dell’albergo per conoscere uno per uno i cento (forse più) piccoli ospiti. E le cameriere: finendo poi ad abbracciarne una come la conoscesse e non ricordasse da dove è sbucata.

Poi le public relations si sono estese alle piscine e pure alla camera, dove la Princi, ad ogni ingresso, andava a parlottare al telefono: e credo sia pure riuscita a comunicare con la reception.

Inseguirla perché non si facesse male e/o venisse rapita e/o sparisse arginando nel contempo i suoi capricci avrebbe richiesto, per riprendersi, una nuova vacanza, questa volta a due.

Ma vederla giocare e comunicare a suo modo, in maniera molto più spigliata di noi, con bimbi e adulti di ogni lingua, osservarla gioiosa di fronte alla mucca, dubbiosa di fronte allo starnazzare delle oche  e affascinata dal suo primo incontro con il mitico elefante è stato una ricompensa sufficiente.

Anche perché non sapevamo cosa ci avrebbe aspettati al ritorno.

Forse abituatasi con troppa facilità alla presenza di entrambi, forse ancora con depositi di stanchezza da smaltire, i primi giorni sembrava ci fossimo riportati a casa un alieno. Capace di placarsi solo all’aria aperta, la Princi piantava dei capricci indescrivibili. E se noi sulla strada del ritorno pensavamo a come arginarla anche in vista delle prossime ferie di luglio per farla stare un po’ di più e un po’ più composta a tavola,  ci siamo trovati a fare i conti con qualcosa di irrefrenabile.

Una piccola peste pronta all’urlo, alle lacrime e ai contorcimenti ad ogni minimo no.

Difficile riuscire a rimanere impassibili e a mantenere la stessa, dura, linea di condotta. I problemi maggiori si sono posti, infatti, nei giorni trascorsi dalla mamma-nonna dove la nonna-bisnonna è pronta a trasformare in tragedia all’ennesima potenza ogni minima frigna, figurarsi un capriccio colossale. Quindi mi sono trovata a gestire contemporaneamente tre situazioni a rischio:

la Princi che, stufa di stare nel seggiolone, si rotolava a terra per essere presa in braccio ed essere messa in piedi sulla panca mentre finivamo di pranzare;

la mamma-nonna che rivolgeva sguardi e sospiri di pena verso la Princi e sguardi e sospiri di rimprovero verso di me aggiungendo, tanto per essere chiara, che lei trovandosi da sola non l’avrebbe mai fatta piangere;

la nonna-bisnonna che all’infinita serie di “Uh!” di riprovazione agganciava delle rassicurazioni nei miei confronti perché faccio bene a non dargliela vinta.

Poi c’ero/ci sono io.

Perché è questa la battaglia peggiore. Chiedersi ogni minuto se sto facendo bene, se non sia troppo dura, ricordando le volte in cui i capricci ero io a farli e ho odiato chi mi lasciava lì a rotolare.

Poi c’è la Princi.

Che in questi giorni mi ha fatto capire cosa vuole.

Vuole me. Presente. Efficiente. Tutta per lei. Almeno per mezz’ora alla volta. Almeno per il tempo in cui non sono al lavoro.

E allora la scorsa settimana prima di fiondarmi nel riassettare la casa e sparecchiare la colazione mi sono lasciata portare dove lei voleva: perché ora viene da me e mi prende per mano mettendomi davanti al foglio e alle matite, alla fattoria di pezza popolata da improbabili elefanti e Winnie Pooh in pigiama.

Le caprigne (capricci-frigne) sono rientrate o, perlomeno, sono diventate più gestibili.

E ci siamo dati delle spiegazioni. Oltre a dover premere per il riposino pomeridiano (a costo di fuggire dalla casa della mamma-nonna per addormentarla in auto e sperare che prosegua una volta a casa) ci siamo resi conto che la Princi ha affinato il fiuto da segugio: sa con chi può tentare e chi cederà. Le nonne neppure si contano; è il papi quello che preoccupa: perché tanti capricci sono determinati dal voler replicare un divertimento fattole provare da Lui e che, per varie ragioni, rientra nei miei no.

E rientrerebbe pure in quelli di Lui, se non fosse che oltre ad avere affinato la capacità di psicologa, la Princi ha anche sviluppato una memoria notevole.

Sarà mica stato merito dell’elefante?

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