lunedì 1 aprile 2013

sorprese sorprendenti



Sabato avrei scritto un post grondante tristezza, disappunto e amarezza. Chi mi conosce sa che l’approssimarsi delle feste sarebbe potuto essere la goccia che fa traboccare il vaso.
Un vaso fatto di amarezza: perchè mi sarebbe piaciuto che noi tre riuscissimo a mollare gli ormeggi per andar via qualche giorno, magari finalmente alle terme; perché le ferie stanno diventando qualcosa di simile a un miraggio condito di molti turni supplementari, giornate in più da trascorrere nel ciclone d’ansia generato dal dover sistemare, cucinare, pulire, lavorare, andare e venire per posizionare la Princi in mani sicure, deplorare la mancanza di tempo da dedicarsi e giornate in meno da trascorrere in tranquillità con Lui e la Pallina; perché a volte (spesso) parlo con Lui e mi sembra di sussurrare al vento, benchè la mia voce in quei momenti sia tutt’altro che simile a un sussurro; perché aprendo anticipatamente l’uovo di Pasqua ci ho trovato dentro un bel corredo di mal di gola, raffreddore, tosse, stanchezza; perché, come sempre, la vigilia della festa era tormentata dall’indecisione su cosa si sarebbe fatto, aggravata come per tutti dal tempo incerto e comunque inclemente.
Insomma: ‘no schifo.

Poi per fortuna non ho scritto. Ma, tornata a casa dal lavoro, ho stirato. E parlato. E poi siamo usciti. E anche se siamo usciti alle 17 per lasciar recuperare alla Princi una mattina di giochi, corse e disegni al seguito della cuginetta, è stato un sabato fantastico. Passato nella ressa pian piano digradante di un centro commerciale (data la pioggia che, per converso, man mano aumentava) dove la Princi mi ha costretto a maratone all’interno dei negozi perchè doveva analizzare la moda della prossima stagione, mimare la marcetta di Topolino vedendolo riprodotto sulla copertina di un libro, portandomi poi a deludere le commesse che,  sperando in un ultimo incasso, si sono viste rispondere :«No, scusate: è entrata lei». Ma forse è stata una strategia: il modo cioè che ha avuto la Princi per dirmi che sarebbe d’accordo pure lei se rimeditassi il mio guardaroba come dico di fare da mesi.
Poi, giusto per farmi smaltire la cena già in parte digerita proprio grazie a queste passeggiate da e per il tavolo ai vari negozi, il fitness è proseguito in un’altra zona del centro commerciale: e allora un giro sui carrelli-automobilina solidamente parcheggiati, continui cucù da dietro gli striscioni pubblicitari dei caffè, una visita alle vetrine per suggerirmi una borsetta un po’ kitsch, giri a cavalluccio con le sue risate che mi risuonavano nelle orecchie e le braccine spalmate sulle spalle. E a impreziosire una serata già bellissima, l’incontro con un vecchio amico che non vedevo e sentivo da tempo: uno di quelli che mi ha criticata quando ho iniziato a scrivere il blog perché, così mi ha detto di persona, era troppo negativo; detto da lui, che l’altra sera, prima di soffermarsi sulla Princi, mi ha salutata con un puntuale quanto sommario elenco delle ultime magagne della sua esistenza. Ma sono stata felice di vederlo. E pure la Princi, che continuava a salutarlo e a mandargli baci a distanza.
Quindi, ieri. E’ stata una vera Pasqua di resurrezione. E una giornata di sole. Metaforico, ovviamente.

Vista la pioggia, per fortuna non a secchiate come quella che ci ha scortati fino a casa sabato sera, abbiamo accantonato l’idea dello zoo. Un’idea che, tanto per inserire una punta di attualità nel blog, nei giorni scorsi mi martellava la mente con il ritornello “Si potrebbe andar tutti quanti allo zoo comunale”. E Jannacci ci ha salutato con un “Vengo anch’io! No tu no”.


Opzione b: acquario. Certo: il tempo non era granchè neanche per quello; poi, con una bimba piccola… Ma se c’è una cosa che ho imparato da Lui e che viceversa Lui spesso sembra essersi dimenticato è che tutto è possibile. E allora eccoci, pronti a sfidare la pioggerellina battente e incessante e pure la bora con cui non avevamo fatto i conti per assicurarci una Pasqua degna di essere ricordata come giornata di festa. Anche se la festa maggiore è stata vedere le reazioni della Princi di fronte alle vasche: continui “Uhhh!” di ammirazione accompagnati da quei gesti delle manine che sembrano voler dire “Ma cosa sta succedendo?!”, scorribande avanti e indietro nelle sale per mimare il verso dei pesci, salutare gli altri visitatori, prenderci per mano per portarci a vedere qualcosa, intrattenersi con dei turisti tedeschi perché prima si comincia a studiare le lingue meglio è.
Poi il pranzo. Niente pesce né agnello. Pizza. Perché da qualche settimana avevo detto a Lui di volerla mangiare in quella catena di pizzerie una delle quali, guarda caso, fronteggia proprio l’acquario. E così la Princi ha ben intinto la manica nel pomodoro, inviato baci al cameriere, sdiluviato la mia bruschettina, apprezzato i dolci di entrambi. Perché ieri ho detto “che cavolo! È Pasqua e il dolce ci sta” e me lo sono mangiato. Dopo pranzo, un po’ di arte. E allora eccola osservare attenta le macchie di colore che inondano le tele, prorompere in inaspettati “ba(u)!” vedendo i cani nel video che racconta una città che non c’è più per poi crollare con un colossale pisolo che la riporta a casa.

Pisolo rigenerante, non c’è che dire. Perché mentre Lui è collassato sul letto in compagnia del composto e sarafico Signor Degas, la Princi mi ha aiutata a preparare la macedonia e la frittata, ha risistemato il cassettino della cucina dove, un tempo ormai lontano, tenevo ordinatamente tè, camomilla, zucchero, biscotti. E ha ballato. Mentre sbucciavo la frutta la vedo stendere in avanti le braccia, poi chiudere la manina in un pugno, toccarsi la testolina…oh cavolo! Sta ripetendo la coreografia che le hanno insegnato la Nonna due e la zia Cucciolo! e balla pure senza musica! Povera Princi! Il lavaggio del cervello sulla danza dev’essere stato finora davvero incisivo! ma, forse, sis ta semplicemente preparando ai balli di gruppo sulla spiaggia.

Ma tornando all’affermazione iniziale, questa Pasqua è stata di resurrezione anche per altri versi. Non solo mi ha rigenerata passare del tempo, bene e felicemente, con Lui e la Princi, ma mi ha ricordato quanto mi piacciano le visite ai musei, quanto vorrei riprendere a studiare e per pigrizia non lo faccio. E allora intanto cominciamo dalla forma. In fondo all’armadio c’era una foderina celeste, aperta solo quando l’ho ricevuta. Poi stop. Perché usare una borsa tanto bella per lavori tanto precari non ha senso. Ci vuole l’occasione giusta.
«Ma se aspetto di usarla per quando sarò conservatrice agli Uffizi sto fresca!».
«Era per questo che la conservavi?»
E allora ieri sera, messa a letto la Princi, ho finalmente riempito la borsa strafiga che mi hanno regalato le mie sorelline per il dottorato. Quasi due anni fa. E una vita fa. Cioè: una Princi fa. E chissà che ora non sia venuto il momento di riempirla di buone occasioni e realizzazioni, non solo progetti.

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