Riemergo a fatica da un
periodo faticoso, in cui continuo a ripetermi quella che, parafrasandola, dovrebbe
essere una frase di John Lennon: la vita è quello che ti accade mentre sei
impegnato a fare altro.
Unica costante presenza di
questo periodo sono sempre loro: i sensi
di colpa. Che, fra l’altro, mi fanno sentire ancora più a terra per il
fatto di essere a terra. Senza, cioè, che sia successo nulla di così grave da
giustificarlo. Però rimango a terra.
In verità in questo
periodo un po’ di cose sono capitate.
Lo ammetto: come (credo)
la maggior parte delle persone oggi, sono cattolica ma seguo una fede mia,
fatta di rare visite in chiesa e opinioni personali spesso in combutta con
quanto predicato dagli altari. Eppure quando in auto, alla radio, ho sentito
che c’era stata la fumata bianca, ho deciso che avrei voluto seguire questo
evento e costringere Lui e la Princi a fare altrettanto. Ed ecco il primo miracolo
di Papa Francesco: se la Princi non aveva possibilità di scelta (nonostante
sappia già manovrare il telecomando!) Lui non ha battuto ciglio di fronte a
questa mia decisione. Anzi: ci siamo ritrovati
tutti e tre stretti davanti alla tv a incantarci di fronte a questo uomo,
ancora sconosciuto, con la Princi che rideva e batteva le mani. Non so come
mai la sua elezione mi abbia così interessata: forse, come accade per tante
altre cose da quando sono mamma, l’ho vissuta come un evento storico da
ricordare per dirle un giorno “Tu quella volta avevi poco più di un anno e già
avevi capito, con il tuo entusiasmo, che persona fantastica sarebbe stata”. Perché credo sarà
così.
Passando dal sacro
al profano e anche se in ordine di tempo è l’accadimento più recente, c’è stata
la sesta
malattia.
Anzi. Se vogliamo
seguire la progressione temporale, tra fine febbraio e inizio marzo è
stato un pellegrinaggio pediatra-reparto di pediatria-pediatra privata-uffici
vaccinazioni vari. Se quest’ultima meta è dovuta al tentativo, finora andato a
vuoto, di recuperare il richiamo dell'esavalente per il resto si è
trattato di dare un nome all’eruzione cutanea che ha colpito il
retro della gambetta sinistra passando poi, per simpatia, a quella destra. Diagnosi:
in due occasioni apec (alias dermatite asimmetrica senza causa, cura, durata
precise) ribattezzata come fungo in una terza e più realistica opzione.
E quando ancora
stavamo spalmando la Princi di antimicotico, è esplosa la febbre: ed è arrivata
così la sesta malattia.
Ora: se leggiamo una
qualsiasi enciclopedia medica di bambini si trova scritto che il nome è dovuto
al fatto che è la sesta dopo le canoniche rosolia, varicella etc., “inventata” peraltro
in tempi piuttosto recenti dato che sul volumone in possesso della mamma-nonna per
documentare le mie malattie questa non figura nemmeno. Nel nostro caso, invece,
possiamo dire che sesta sia dovuto al fatto che è, per essere difettosi nel
conteggio, la sesta malattia che si
prende la Princi da ottobre a questa parte. È da ottobre, infatti, che non
varchiamo più la soglia della piscina, che frequentiamo la ludoteca a spizzichi
e bocconi, che progettiamo di andare al cinema o a cena in tete-a-tete senza
riuscirci. Tanto per gettare benzina sul fuoco dei sensi di colpa, forse è perché abbiamo egoisticamente
iniziato a pensare di ritagliarci degli spazi a due che succede tutto ciò.
Che, poi, si mescola
alle due
influenze di Lui tra Natale e metà gennaio, i suoi problemi al ginocchio,
un normale up and down di notti interrotte e notti in cui si dorme.
In mezzo: una
ripresa – di cui sono ovviamente contenta – di lavoro extra con mostre,
articoli, artisti da presentare; il pensiero di lavoro extra – di cui invece
non sono affatto contenta – per l’approssimarsi di corsi sulla sicurezza che si
terranno, com’è ovvio, nell’unico giorno libero della settimana; le assenze di Lui per impegni sindacali; la
mamma-nonna e la nonna-bisnonna influenzate…
Può solo questo
giustificare il fatto che, essendomi appena vista nello specchio, mi è sembrato
di vedermi
come se indossassi gli occhiali su cui sono disegnati gli occhi aperti?
Frattanto in questi
giorni la Princi, simile alla Pimpa, ha sviluppato una frigna mista a mammite
e papite da paura. Speriamo le passi insieme alle macchioline anche perché
di solito si accende a ogni cambio, indipendentemente dalle spalate di cacchina
santa cui mi costringe e da cui pare non volersi separare al punto da rigirarsi
sul fasciatoio come un wurstel per finire con il culetto ritto per aria. Però poi
la mattina, dopo il bagnetto – anche questo intervallato da frigne immotivate
che oggi possono essere perché non vuole farlo, domani perché non vuole uscirne
– si accoccola stretta stretta a me e così rimane per qualche bellissimo,
tenerissimo, gratificante e rigenerante minuto. Proprio come i baci di cui mi riempie la labbra.
Perché ogni sera corre sul divano per cercare di scaravoltarsi
a testa in giù sfruttando la
complicità del bracciolo. Perché quando è
sazia e non vuole più mangiare non lascia tutto sul ripiano del seggiolone
e stop ma fa precipitare pezzi di cibo
sul pavimento pensando che forse aprano il paracadute. Idem con il
bicchiere dell’acqua: e i vicini sotto di noi ringraziano. Perché dopo aver appoggiato la testa su Mr. Billy
in un impeto di affettuosità gli tira la coda e gli fa massaggi shiatzu sulla
pancia, caldamente ripagati con (per ora innocui) morsi. Perché tra tutti i versi di animali possibili ha
imparato per primi elefante e scimmia. Perché, accanto a un comprensibile
apprezzamento della pubblicità con il
pinguino che canta (comprensibile in quanto è un animale) si anima anche
quando vede quella in cui Casanova è inseguito da una pseudo donna. Perché se le do una borsa che non uso non ci
gioca mentre impazzisce se le metto in mano quella che adopero ogni giorno (e
che, per la mancanza del tempo necessario a fare travasi, ho impiegato per
tutto l’inverno).
Ci sono poi i capricci,
ormai canonici, perchè non le facciamo provare i giochini nei centri commerciali,
perché la devo portare via dalla ludoteca che sta chiudendo: capricci che si
risolvono in quelle scene altrettanto canoniche di una mamma, additata come
perfida dagli altri, che si allontana
dal luogo del misfatto con in braccio una bambina-anguilla urlante. E con, in
sottofondo, la frase appena sussurrata: “Guarda che tu sei tosta ma io lo sono
di più”.
E se in quei momenti
vorrei tanto scomparire o schioccare nella bocca della Princi un bel mega
ciuccio silenziatore in realtà sono fiera di lei. È vero:
ha un bel caratterino. Ma sono contenta che lo abbia. Perché le auguro, in questo
modo, di riuscire a perseguire tutti i traguardi che si porrà. Tuttavia spero che
queste ultime righe le legga più tardi possibile.
p.s: alle sfighe del periodo ne aggiungo, in diretta l'ultima. Stamattina Clementina non partiva. Evidentemente venerdì, quando l'ho usata, ho trasfuso la stanchezza da me a lei dimenticandomi di spegnere le luci. E giusto ieri avevo discusso con Lui perchè vorrei, almeno una volta a settimana, riuscire ad andare in palestra.
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