Niente da fare.
Continuo a chiedermi quando finirà la congiuntura murphiana per cui, in ogni week end, a
un giorno di sole corrisponde un mio giorno di lavoro e a un giorno di pioggia,
neve e diluvio di ogni tipo corrisponde il mio giorno libero.
Un attimo. Non
è solo così. Perché a un giorno libero in cui si sogna una gita (che sia al
mare o fuoriporta in caso di bel tempo, al centro commerciale in caso di
rovesci) può corrispondere anche altro.
Nella fattispecie, se le vacanze di Natale dovevano essere il momento per stare
un po’ di più assieme e magari uscire ogni tanto, si sono invece trasformate
nel periodo in cui ho dovuto far da badante a Lui, profondamente influenzato
(37.5°). Alla vertiginosa discesa della sua incredibile febbre ha poi
corrisposto l’innalzarsi di temperatura della Princi (39°). Il week end scorso si preannunciava buono: un sabato
interamente passato al lavoro seguito da una domenica che, se funestata dalla
neve come preannunciato dai bollettini meteo, avremmo trascorso a fare un po’
di shopping e magari concluso con una cenetta fuori.
La percezione che
le cose sarebbero andate diversamente è arrivato venerdì nel primo pomeriggio
quando Lui mi ha annunciato di avere un ginocchio dolorante. Passaggio dal
dottore che si trasforma, la mattina seguente, in alcune ore al pronto soccorso
concluse dalla prescrizione di accertamenti accompagnati da una preliminare
settimana di riposo. Da subito. Alias: week end funestato da clausura forzata.
C’era di che
sclerare, soprattutto al pensiero che saremmo stati costretti a rimanere
intabarrati causa i 15 metri di neve previsti e, cosa non secondaria, al
pensiero che la Princi sarebbe potuta essere ingestibile come annunciato dal
mio rientro a casa sabato sera. Una frigna, continua e martellante. Un quarto
d’ora in braccio pena acuti da soprano che mi hanno costretta a preparare la
piadina, infornarla, apparecchiare con lei appoggiata sul fianco.
Il giorno dopo, invece, è stato un idillio.
Seppur sveglia,
la Princi è rimasta a parlottare in piedi nel lettino permettendomi di
prepararle il latte e bermi il caffè in pace: perché se ci sono due cose che mi
indispongono sono non riuscire a fare colazione in tranquillità e non riuscire a
farmi la doccia in altrettanta quiete. Obiettivi che, da quasi tredici mesi in
qua, sono difficili da perseguire.
Bevuto il
latte, è stato il momento di pensare a
Winnie: e così ho tirato fuori due bicchieroni di plastica inutilizzati,
uno stampo per budino ancora intonso, due cucchiaini, il set all’americana di
Snoopy e ci siamo messe al centro del soggiorno a preparare la colazione per
Winnie Pooh e l’orso canterino. Seria e oltremodo amorevole, la Princi ha così
imparato a girare il cucchiaio nella tazza (e, ieri mattina, è passata a
volerlo fare in quella del Papi), a imboccare il suo cucciolo, pulirgli la
bocca e farsi imboccare emettendo un sonoro “Amh!” che le riempiva le
guanciotte.
Poi, di
pomeriggio, ci ha regalato un pisolo incredibilmente lungo che ho premiato
portandola all’Ikea per farla uscire, camminare e divertire un po’. Pessima
idea: evidentemente tutti gli astensionisti dalle elezioni si erano riversati
lì, così che lasciarla passeggiare fra cucine e divani per vederla analizzare
le etichette di tutte le poltrone e i tavolini esposti, fingendo poi di battere
sulla tastiera davanti allo schermo di un televisore scambiato per monitor, si
è rivelato qualcosa di estremamente stressante. Controllare che non cadesse,
che non si portasse via un pezzo d’arredo (cioè che staccasse un pezzo da
qualcosa, visto che i suoi libretti, a casa, forniscono a Lui un nuovo
passatempo con il découpage), che non venisse travolta da carrelli, persone
spazientite pronte magari anche a portarsela a casa o che venisse arruolata
nello staff Ikea come nuova bambina immagine… beh, son tornata a casa fuori di
me, con la paura di aver creato una prima sindrome da abbandono quando ho
costretto la Princi a separarsi da un pelouche a forma di gattino che aveva
appena adottato e da una treenne che le aveva presentato la mamma ammettendoci
nella sua nuova, colorata residenza.
Tornate a casa,
dopo cena tiriamo fuori dall’involucro la nuova fattoria di pezza.
«E gli animali?» dice Lui «Non li hai comprati come ti avevo
detto?».
«Ma ho letto sull’etichetta che c’erano già. E poi con quello
che sarebbe costata, poteva essere la prima rata di mutuo per l’acquisto di una
vera fattoria».
Tuttavia, nessun problema: Mr. Billy ha pensato di riempire subito
la stalla: d’altro canto, come biasimarlo? Se il Sig. Degas ha ormai affittato
la poltroncina della Princi come sua abituale nicchia di riposo pure a lui è
dovuto uno spazio raccolto e confortevole, che va ad aggiugnersi – comunque –
al seggiolone, al fasciatoio (dove rimane imperterrito nonostante effluvi più o
meno odorosi e nonostante la Princi gli si sdrai comodamente addosso) e al
lettino, tutti angoli principeschi subappaltati da tempo.
Comunque l’interesse
della Princi per gli oggetti è inversamente proporzionale al loro prezzo. Con
buona pace di pedagogisti e creatori di giocattoli più o meno intelligenti, la
fattoria è stata abbandonata in conseguenza del suo abbandono da parte di Mr.
Billy per essere sostituita da un passatempo molto più accattivante. E femminile.
In doppio senso. Dal pomeriggio di acquisti abbiamo infatti riportato a casa
due contenitori di stoffa con zip da sistemare sotto il letto al posto degli
scatoloni che ospitavano coperte e borse della stagione non corrente. La Princi
mi ha dunque subito accompagnata in camera per aiutarmi a riordinare (primo
aspetto femminile) interessandosi da subito a ogni singola borsetta estiva che
fuoriusciva dalle scatole: e se non è femminile questo…
Essendo ormai
arrivati a concludere il post al giro di boa della settimana, gli auspici per
il week end sono vari. Ma in realtà dovrei ormai avere capito di non crearmi
delle aspettative: di solito rimango sempre delusa.
Purtroppo a ogni occasione ci ricasco.
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