giovedì 28 febbraio 2013

domenica è sempre domenica




Niente da fare.
Continuo a chiedermi quando finirà la congiuntura murphiana per cui, in ogni week end, a un giorno di sole corrisponde un mio giorno di lavoro e a un giorno di pioggia, neve e diluvio di ogni tipo corrisponde il mio giorno libero.

Un attimo. Non è solo così. Perché a un giorno libero in cui si sogna una gita (che sia al mare o fuoriporta in caso di bel tempo, al centro commerciale in caso di rovesci)  può corrispondere anche altro. Nella fattispecie, se le vacanze di Natale dovevano essere il momento per stare un po’ di più assieme e magari uscire ogni tanto, si sono invece trasformate nel periodo in cui ho dovuto far da badante a Lui, profondamente influenzato (37.5°). Alla vertiginosa discesa della sua incredibile febbre ha poi corrisposto l’innalzarsi di temperatura della Princi (39°). Il week  end scorso si preannunciava buono: un sabato interamente passato al lavoro seguito da una domenica che, se funestata dalla neve come preannunciato dai bollettini meteo, avremmo trascorso a fare un po’ di shopping e magari concluso con una cenetta fuori.
Ma dove non potè la neve, potè il menisco.
La percezione che le cose sarebbero andate diversamente è arrivato venerdì nel primo pomeriggio quando Lui mi ha annunciato di avere un ginocchio dolorante. Passaggio dal dottore che si trasforma, la mattina seguente, in alcune ore al pronto soccorso concluse dalla prescrizione di accertamenti accompagnati da una preliminare settimana di riposo. Da subito. Alias: week end funestato da clausura forzata.
C’era di che sclerare, soprattutto al pensiero che saremmo stati costretti a rimanere intabarrati causa i 15 metri di neve previsti e, cosa non secondaria, al pensiero che la Princi sarebbe potuta essere ingestibile come annunciato dal mio rientro a casa sabato sera. Una frigna, continua e martellante. Un quarto d’ora in braccio pena acuti da soprano che mi hanno costretta a preparare la piadina, infornarla, apparecchiare con lei appoggiata sul fianco.

Il giorno dopo, invece, è stato un idillio.
Seppur sveglia, la Princi è rimasta a parlottare in piedi nel lettino permettendomi di prepararle il latte e bermi il caffè in pace: perché se ci sono due cose che mi indispongono sono non riuscire a fare colazione in tranquillità e non riuscire a farmi la doccia in altrettanta quiete. Obiettivi che, da quasi tredici mesi in qua, sono difficili da perseguire.
Bevuto il latte, è stato il momento di pensare a Winnie: e così ho tirato fuori due bicchieroni di plastica inutilizzati, uno stampo per budino ancora intonso, due cucchiaini, il set all’americana di Snoopy e ci siamo messe al centro del soggiorno a preparare la colazione per Winnie Pooh e l’orso canterino. Seria e oltremodo amorevole, la Princi ha così imparato a girare il cucchiaio nella tazza (e, ieri mattina, è passata a volerlo fare in quella del Papi), a imboccare il suo cucciolo, pulirgli la bocca e farsi imboccare emettendo un sonoro “Amh!” che le riempiva le guanciotte.

Poi, di pomeriggio, ci ha regalato un pisolo incredibilmente lungo che ho premiato portandola all’Ikea per farla uscire, camminare e divertire un po’. Pessima idea: evidentemente tutti gli astensionisti dalle elezioni si erano riversati lì, così che lasciarla passeggiare fra cucine e divani per vederla analizzare le etichette di tutte le poltrone e i tavolini esposti, fingendo poi di battere sulla tastiera davanti allo schermo di un televisore scambiato per monitor, si è rivelato qualcosa di estremamente stressante. Controllare che non cadesse, che non si portasse via un pezzo d’arredo (cioè che staccasse un pezzo da qualcosa, visto che i suoi libretti, a casa, forniscono a Lui un nuovo passatempo con il découpage), che non venisse travolta da carrelli, persone spazientite pronte magari anche a portarsela a casa o che venisse arruolata nello staff Ikea come nuova bambina immagine… beh, son tornata a casa fuori di me, con la paura di aver creato una prima sindrome da abbandono quando ho costretto la Princi a separarsi da un pelouche a forma di gattino che aveva appena adottato e da una treenne che le aveva presentato la mamma ammettendoci nella sua nuova, colorata residenza.

Tornate a casa, dopo cena tiriamo fuori dall’involucro la nuova fattoria di pezza.
«E gli animali?» dice Lui «Non li hai comprati come ti avevo detto?».
«Ma ho letto sull’etichetta che c’erano già. E poi con quello che sarebbe costata, poteva essere la prima rata di mutuo per l’acquisto di una vera fattoria».
Tuttavia, nessun problema: Mr. Billy ha pensato di riempire subito la stalla: d’altro canto, come biasimarlo? Se il Sig. Degas ha ormai affittato la poltroncina della Princi come sua abituale nicchia di riposo pure a lui è dovuto uno spazio raccolto e confortevole, che va ad aggiugnersi – comunque – al seggiolone, al fasciatoio (dove rimane imperterrito nonostante effluvi più o meno odorosi e nonostante la Princi gli si sdrai comodamente addosso) e al lettino, tutti angoli principeschi subappaltati da tempo.

Comunque l’interesse della Princi per gli oggetti è inversamente proporzionale al loro prezzo. Con buona pace di pedagogisti e creatori di giocattoli più o meno intelligenti, la fattoria è stata abbandonata in conseguenza del suo abbandono da parte di Mr. Billy per essere sostituita da un passatempo molto più accattivante. E femminile. In doppio senso. Dal pomeriggio di acquisti abbiamo infatti riportato a casa due contenitori di stoffa con zip da sistemare sotto il letto al posto degli scatoloni che ospitavano coperte e borse della stagione non corrente. La Princi mi ha dunque subito accompagnata in camera per aiutarmi a riordinare (primo aspetto femminile) interessandosi da subito a ogni singola borsetta estiva che fuoriusciva dalle scatole: e se non è femminile questo…

Essendo ormai arrivati a concludere il post al giro di boa della settimana, gli auspici per il week end sono vari. Ma in realtà dovrei ormai avere capito di non crearmi delle aspettative: di solito rimango sempre delusa.
Purtroppo a ogni occasione ci ricasco.

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