domenica 6 gennaio 2013

bianco Natale





Terza notte in bianco.
E non perché qui nevichi. A meno che non si usi una metafora del tipo: ci è nevicata addosso una montagna di sfiga. Che però, per definizione, non è bianca ma nera



 
 
Già perché sembra che, dapprima, Babbo  Natale abbia letto la letterina in cui chiedevo di esentarmi da cenoni/pranzoni ansiogeni. Forse, però, avrei dovuto specificare il come avrei gradito che accadesse. Invece non l’ho fatto: e allora lui ha pensato bene di scaricare una slitta di sintomi influenzali e/o para influenzali e/o bronchiti variamente distribuite fra Lui, la mamma-nonna, gli zii-biszii.

Contemporaneamente ha peraltro letto la letterina in cui, a nome della Princi, gli chiedevo l’invio dei famigerati dentini: via twitter sarebbe stato preferibile piuttosto che in formato tridimensionale e al ritmo di due alla volta.
 
 
E qui, contraddicendo quanto ho scritto in esordio di post, sono iniziate le levatacce che risalgono appunto, più o meno, alla notte di Natale. Simile a Dracula, evidentemente solo di notte alla Princi crescevano i due dentoni superiori causandole diverse sveglie piangenti. Questo proprio all’indomani di un dialogo con Lui concluso con il mio commento giubilante: «La Princi è proprio brava: è proprio bello stare con lei». Per la serie: devo imparare a starmi zitta su tutte le questioni principesche.
 
 
Nel frattempo: si ammala la mamma-nonna, passano le feste senza aver potuto far indossare alla Princi la sua nuova mise da piccola Babbo Natale, viene Capodanno con una serie di buoni propositi del tipo “se domani è bello andiamo a  vedere il presepe di sabbia o quello a grandezza naturale”. Cosa che avremmo dovuto fare la mattina del 31 quando invece, come ho già scritto, mi son lasciata prendere dalla “sindrome della Desperate Housewife” perché “tanto se andiamo un altro giorno non cambia nulla mentre la casa, se non la pulisco oggi, non riesco a pulirla neppure domani perché lavoro” e quindi la Princi - strisciando dalla cucina al salotto - potrebbe trasformarsi in un gomitolo di polvere.
 
 

E invece, cazzarola, non farò più così, lo giuro solennemente: perché, posticipata la gita al venerdì mattina (il 4, per intenderci) veniamo bloccati da una febbre principesca. A distanza di neanche un mese eccoci di nuovo alle prese con salviette umidificate da usare prima che lei si strofini smoccolandosi tutto il viso (praticamente impossibile), con goccine da spruzzare nel naso creando un effetto annegamento, con supposte di  paracetamolo che oltre a instillarle il terrore del fasciatoio (alias: tavolo operatorio) riescono a fermare l’impennata del termometro solo momentaneamente.

Da giovedì sera oscilliamo fra i 39 e i 40 gradi: ovviamente in mezzo c’è stata una corsa dal pediatra che, dopo aver creato il panico sui possibili peggioramenti, ci ha detto solo di usare con parsimonia i medicinali e, se vediamo che lei lo gradisce, di portarla pure fuori.
 
 
Non ha parlato, ovviamente, delle conseguenze non mediche:
a)  a seconda del soggetto disponibile: mammite/babbite acuta che neppure la più volenterosa delle nonne riesce a sanare;
b)  conseguente sindrome del koala: nella fattispecie, la notte appena trascorsa la Princi e io l’abbiamo passata sul divano per garantire almeno qualche ora di sonno a Lui e vedere se anche lei sarebbe riuscita a riposare accoccolata sopra di me che, a mia volta, ero in posizione semisdraiata per tenerla un po’ sollevata in modo da evitarle la tosse;
c)  occhiaie a strascico, per allontanare le quali non sarà assolutamente sufficiente il buono per il trattamento viso regalatomi dalla mamma-nonna;
d)  memoria vieppiù ballerina e capacità di concentrazione sotto i minimi dei minimi storici: fattori che azzerano ulteriormente la già scarsa voglia di aprire i libri per il concorso.
 

Risvolto positivo è stata, però, la serata di ieri in cui  - come ho già avuto modo di raccontare - abbiamo sfidato la stanchezza trasformando l’invito a casa dei nonni in un invito catering a casa nostra: nel senso che, a metà pomeriggio, Lui è andato a prendere la Nonna2 con annessa vagonata di teglie. Il contenuto non è  stato interamente consumato quindi anche per la cena di stasera siamo a posto. Ma, soprattutto, è stato un piacere vedere la Princi che, nonostante la febbre in salita e un’abbondante dose di paracetamolo – si è scatenata senza sosta fino alle 22.30 divertendosi ad abbattere torri di Lego e a svuotare la borsa della zia Cucciolo. E pure lei deve essersi divertita se, sulla soglia di casa, ho dovuto ricordarle di lasciarci i pezzi di costruzioni che si era imboscata.



Finita la piacevole serata, è iniziata la notte da incubo, trascorsa con il piccolo marsupiale spalmato addosso mentre guardavo l’orologio della tv scandire ora dopo ora in attesa del fortunato momento in cui mi sarei alzata per porre fine a tale tortura. La stanchezza, gli sbadigli, la tensione si sono sciolti tutti assieme quando, attorno alle 8, sono stata richiamata in soggiorno da un miagolio e conseguente mugolio: nell’angolo del divano, Mr. Billy sorvegliava la Princi dall’alto lasciandosi poi catturare per essere strizzato e riempito di baci contraccambiati da abbondanti sleccazzate nell’orecchio. 37.2 ha segnato il termometro: ma il sorriso non più sdentato della Princi mi aveva già rassicurata cancellando nel contempo la fatica e la paura di questa notte.

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