Stamattina non sarei
voluta uscire di casa.
Ma nemmeno rimanere
a casa.
Anzi: ero tutto sommato
contenta di dover lavorare. Perché a
casa non sarei stata utile a nessuno, anzi: avrei fatto male a qualcuno. Non
fisicamente, ovvio: anche se a un certo punto, fra la spruzzata di profumo e
rifare il lettino avrei voluto prendere e sbattere a terra una qualsiasi cosa.
Oggi girava così, girava male.
Poi, per fortuna, son andata a lavorare e mi son trovata alle prese
con il riscaldamento che non funzionava
(e meno male che avevo messo il maglione da husky), i conti da fare, rifare e disfare, le mail di auguri da inviare. Già,
proprio oggi. Assurdo averlo fatto quando il mio spirito natalizio era oltremodo
sotto i tacchi. Però forse mi ha aiutata. Deve avermi aiutata soprattutto
vedermi davanti agli occhi, per centinaia di volte, la foto della Princi che
sorrideva. Così, pian piano e senza che nemmeno me ne accorgessi, la
depressione pre-natalizia è scivolata via, forse ad albergare in qualcun altro.
Perché ne sono profondamente persuasa: luci, lucine e gioia forzata inducono la
tristezza anziché contribuire a diffonderla.
E poi, per me, il solito, trito e ritrito pensiero da cui vorrei
fuggire ma ancora non so come: i pranzi
e le cene. Sapere che nelle prossime settimane mi torturerò per cercare di
mangiare meno del solito perché poi c’è quello e quell’altro invito; e poi le
persone da DOVER vedere…la gioia da DOVER simulare…e da quest’anno la dovrò
simulare davvero se anche non mi pervade perché c’è la Princi…
Lo giuro: vorrei
costruirle e costruirmi un Natale diverso, di quelli zuccherosi che si vedono
nei film, con una cioccolata calda fra le mani mentre si addobba l’albero e
biscottini di Natale da sgranocchiare mentre si ascolta Jingle Bells. E il calore
delle persone attorno. Invece la
cioccolata non c’è perché a casa nostra non entra per evitare le tentazioni, i
biscottini idem perché sennò poi li mangio; e le persone sì, quelle ci sono, ma
alle prese con gli incespicamenti della vita reale, di quelli che vorresti avere la bacchetta magica per
annullarli perché no, ancora una volta non si può.
Vorrei, e a questo punto credo di essere convinta che sia
possibile, che l’orologio tornasse indietro per poter rivivere i natali di
quand’ero bambina, quando tutti questi pensieri non li avevo e neppure avevo il
pensiero di non pranzare perché poi stasera si va a cena fuori. Che poi tanto
alla cena non mangio uguale.
Ma ormai tutto questo sembra utopia; solo che vorrei che la Princi
non lo sentisse e invece so che percepisce già adesso questi pensieri e anche
il mio costante, martellante e
invalidante senso di fallimento. Perché avevo dei sogni e credevo sarei
stata come non sono. Nemmeno mi ci avvicino un po’, a quell’ideale. Chissà dove
si è inceppato il meccanismo.
Però anche stamattina il suo
sorriso arginava questo senso di fallimento: la Princi mi faceva star bene.
Però non dovrebbe essere così: dovrebbe piuttosto essere il
contrario, la mamma che fa star bene la bimba.
Eppure ha continuato a essere così anche vedendo le foto: le foto
di ieri, quando abbiamo allestito il suo
primo albero senza che lei lo sapesse. Perché mentre Lui e io addobbavamo
lei disallestiva; mentre Lui e io scartavamo babbi natale, renne e affini, lei
giocava con la carta; mentre Lui si è appisolato sul divano e io ascoltavo il
cd con le musiche di Natale, lei arrestava lo stereo.
Ma mentre la guardavo armeggiare con palline e gingilli vari,
mentre vedevo i suoi occhi sgranarsi sempre più alla scoperta di questo mondo
rosso e oro…tanto per cambiare mi son
messa a piangere. Perché questo, sì, è uno spicchio di quello che avevo sempre
sognato: una bimba piccola e felice in
mezzo agli addobbi, una metà mela che sorride guardando divertito la nostra
bambolina, un alberello gioioso, canzoni natalizie in sottofondo.
Solo
che la bambina al centro di tanto amore forse immaginavo sarei stata io.
Io che stamattina nemmeno mi son preparata il termos di caffè caldo
da portare al lavoro perché tanto non importa. Io che spero sempre qualcuno legga
nel pensiero i miei desideri perché non posso essere io a proporre di andare da
qualche parte, mangiare/bere qualcosa. Io che quando pranzo al lavoro mi porto un
pacchetto di cracker e oggi che ci ho messo vicino due mele è già troppo.
Io
che sono stufa di tutto ciò ma non so come farlo finire.
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