giovedì 21 giugno 2012

T come tempo


Confesso: ho appena perso una partita a Spider. E non mi è mai piaciuto tanto perderla. Perché vuol dire che ho giocato ed erano quattro mesi e 21 giorni che non lo facevo.

Da quando c’è la Princi il tempo sembra essersi ridotto, come fosse uscito dalla lavatrice a 90°. Però le cose da fare son sempre tante e quindi mi son attrezzata.
In un’ora secca riesco a pulire casa da cima a fondo.

Per fare un esempio stamattina dalle 7 (ora in cui Lui lascia nido per andare a lavorare) sono riuscita a:

1.         svuotare la lavastoviglie e riempirla nuovamente con le tazze;
2.         lavare la Princi nel lavandino del bagno con rischio sguscia mento evitando, cosa ben più grave, il suo indomito pianto;
3.         addomesticare successivamente la belva risistemandola nella sdraietta dove è crollata di sonno essendosi svegliata (fortunatamente ridendo) alle 5.30 (quindi, per inciso, nella mattinata inseriamo anche il fatto di aver dato la colazione a lei);
4.         cambiato il lettone da cima a fondo causa rigurgitino a schizzo stile “L’esorcista”;
5.         rifatto il lettino;
6.         pulito il fornello e i vari ripiani della cucina in vista delle visite di stasera per cui la casa dev’essere accettabilmente linda;
7.         tolto di mezzo inutili aggeggi vari dal salotto tipo il prototipo di bomboniera per il battesimo (alias un giochino della Princi rivestito di adeguato tessuto);
8.         passato l’aspirapolvere in tutta casa;
9.         passato lo straccio in tutta casa;
10.      dato una passata al bagno;
11.       fatto la doccia con capelli, piega, trucco e parrucco;
12.      vestito la Princi;
13.      controllato le borse.

Ecco: alle 9.10 ho suonato alla porta della mamma-nonna pensando lei fosse già operativa per andare al mercato mentre l’ho trovata ancora in camicia da notte. Insomma: il team della Ferrari mi fa un baffo.

Poi, sempre a proposito del tempo, mi vien da pensare al fatto che – dall’allunaggio dello shuttle – una mamma non è mai, mai, mai più sola. Nel bene e nel male: nel senso che se sei in città e ti scappa una pipì improvvisa ti sfido a trovare una toilette abbastanza accogliente per entrarci con il passeggino. Niente: te la devi tenere fino a casa sperando che il parto non abbia lasciato strascichi nelle parti basse (leggi: incontinenza).

E poi la privacy, vogliamo parlarne? Personalmente giro per casa trascinandomi dappertutto la Princi insaccata nella sdraietta. Per cui faccio la doccia con lei che mi osserva e conosce ormai a memoria le marche della mie creme e i gesti che faccio per stenderle. Poi faccio le pulizie con lei che mi osserva e senz’altro pensa «Oddio, cosa mi toccherà tra qualche anno», cucino con lei che mi scruta dal basso in alto ridendo perché taglio le melanzane al suono de “Il coccodrillo come fa” se la crisi non è ancora avviata. Perché, in caso inizi a piangere, l’unico rimedio è la sigla de “I soliti idioti”, iper citati in questo blog, da me non particolarmente amati in tutti i loro sketch ma a cui, in questo caso devo esser riconoscente: anche quando la crisi è in pieno svolgimento e tutti i tentativi di mediazione si risolvono in nulla (ciuccio, giochini, canzoni più bambinesche stile “Il ballo del qua qua”), appena sente “A come amore, B come Bertelli” si placa e magari pure ride. Poi c’è la variante: “A come (il nome del papà), B come Billy, c come casa, D come Degas, E come (nome mio), S come (nome suo)”. E anche questa le piace. Dopo lunga analisi che mi ha fatto temere di dover consultare un neuropsichiatra, ho capito: reagisce così perché appena rientrati a casa dall’ospedale, Lui la cullava mentre guardava le loro scenette.

Ho divagato rispetto al problema del tempo ma anche questa divagazione è colpa del tempo: sempre poco per scrivere mentre le cose, i pensieri, le emozioni da condividere non finiscono mai.

Nessun commento:

Posta un commento