Confesso: ho appena perso una partita a Spider. E non mi è mai
piaciuto tanto perderla. Perché vuol dire che ho
giocato ed erano quattro mesi e 21 giorni che non lo facevo.
Da quando c’è la Princi il tempo sembra essersi ridotto, come fosse
uscito dalla lavatrice a 90°. Però le cose da fare son sempre tante e quindi mi
son attrezzata.
In un’ora secca riesco a
pulire casa da cima a fondo.
Per fare un esempio stamattina
dalle 7 (ora in cui Lui lascia nido per andare a lavorare) sono riuscita a:
1.
svuotare la lavastoviglie e riempirla nuovamente con le tazze;
2.
lavare la Princi nel lavandino del bagno con rischio sguscia
mento evitando, cosa ben più grave, il suo indomito pianto;3. addomesticare successivamente la belva risistemandola nella sdraietta dove è crollata di sonno essendosi svegliata (fortunatamente ridendo) alle 5.30 (quindi, per inciso, nella mattinata inseriamo anche il fatto di aver dato la colazione a lei);
4. cambiato il lettone da cima a fondo causa rigurgitino a schizzo stile “L’esorcista”;
5. rifatto il lettino;
6. pulito il fornello e i vari ripiani della cucina in vista delle visite di stasera per cui la casa dev’essere accettabilmente linda;
7. tolto di mezzo inutili aggeggi vari dal salotto tipo il prototipo di bomboniera per il battesimo (alias un giochino della Princi rivestito di adeguato tessuto);
8. passato l’aspirapolvere in tutta casa;
9. passato lo straccio in tutta casa;
10. dato una passata al bagno;
11. fatto la doccia con capelli, piega, trucco e parrucco;
12. vestito la Princi;
13. controllato le borse.
Ecco: alle 9.10 ho suonato alla porta della
mamma-nonna pensando lei fosse già operativa per andare al mercato mentre l’ho
trovata ancora in camicia da notte. Insomma: il team della Ferrari mi fa un baffo.
Poi, sempre a
proposito del tempo, mi vien da pensare al fatto che – dall’allunaggio dello
shuttle – una mamma non è mai, mai, mai
più sola. Nel bene e nel male: nel senso che se sei in città e ti scappa
una pipì improvvisa ti sfido a trovare una toilette abbastanza accogliente per
entrarci con il passeggino. Niente: te la devi tenere fino a casa sperando che
il parto non abbia lasciato strascichi nelle parti basse (leggi: incontinenza).
E poi la
privacy, vogliamo parlarne? Personalmente giro per casa trascinandomi dappertutto
la Princi insaccata nella sdraietta. Per cui faccio la doccia con lei che mi
osserva e conosce ormai a memoria le marche della mie creme e i gesti che
faccio per stenderle. Poi faccio le pulizie con lei che mi osserva e senz’altro
pensa «Oddio, cosa mi toccherà tra
qualche anno», cucino con lei che mi
scruta dal basso in alto ridendo perché taglio le melanzane al suono de “Il
coccodrillo come fa” se la crisi non è ancora avviata. Perché, in caso inizi a
piangere, l’unico rimedio è la sigla de “I
soliti idioti”, iper citati in questo blog, da me non particolarmente amati
in tutti i loro sketch ma a cui, in questo caso devo esser riconoscente: anche
quando la crisi è in pieno svolgimento e tutti i tentativi di mediazione si
risolvono in nulla (ciuccio, giochini, canzoni più bambinesche stile “Il ballo
del qua qua”), appena sente “A come
amore, B come Bertelli” si placa e magari pure ride. Poi c’è la variante: “A come (il nome del papà), B come Billy, c
come casa, D come Degas, E come (nome mio), S come (nome suo)”. E anche
questa le piace. Dopo lunga analisi che mi ha fatto temere di dover consultare
un neuropsichiatra, ho capito: reagisce così perché appena rientrati a casa
dall’ospedale, Lui la cullava mentre guardava le loro scenette.
Ho divagato
rispetto al problema del tempo ma anche questa divagazione è colpa del tempo:
sempre poco per scrivere mentre le cose, i pensieri, le emozioni da condividere
non finiscono mai.
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