lunedì 7 maggio 2012

pronti...via!


Eccoci. Almeno: proviamoci. Anzi: sono già in ritardo di una settimana e più.

Due venerdì fa sono stata un po’ bacchettata (in parte a ragione, in parte no) per il mio recente lavoro e Lui ci ha messo il carico da novanta. E se nell’immediato avrei avuto voglia di mollare tutto e ritirarmi (non solo dal lavoro ma, enfaticamente, da tutto: forse risento ancora nella depressione post parto), pensandoci un po’ su la sua lavata di capo mi ha aperto gli occhi.
E così ho detto basta. ho deciso che è il momento di riprendere in mano la situazione, di ricominciare la vita anche se il punto in cui si è interrotta non è quello che si potrebbe pensare, cioè i tre mesi dalla nascita della mia “Sofia bellissima” (uno dei tanti appellativi con cui la chiamo), ma sono … beh, diciamo quindici anni.


Sono quindici anni che mi trincero dietro il pensiero di quanto, come, cosa, perché e soprattutto se mangiare piuttosto che affrontare la vita vera, fatta di alti e bassi che per me, finora, sono stati (e continuano purtroppo a essere) il sinonimo di sconfitte pronte a sgretolare quella patina di perfezionismo che mi porto addosso.


Per non farla lunga, il mio pensiero – focalizzato sul lavoro – è quello di fare qualcosa. Basta aspettare. Rimettiamoci in campo, cogliendo tutte le occasioni che mi capitano e magari cercandone e/o creandone qualcuna. Perché finora negli ultimi tempi ho detto troppo spesso che non ho un lavoro e magari averne uno ma, a essere sinceri, poco ho fatto per trovarlo. E così mi sono appoggiata a Lui che, magari in modo brusco ma efficace, me l’ha fatto notare. Quindi adesso il piano è, a parte riprendere progetti e lavori a stambecco finora affrontati, il piano è – dicevo – quello di dedicare qualche ora ogni giorno (o quasi) alla scrittura, del blog ma se ci riesco non solo di quello.

Perché è scrivere che mi piace fare ed è scrivere ciò che, al momento, posso fare: certo con l’aiuto delle nonne. E se questo in realtà un po’ mi sbalestra perché non sono abituata a farmi aiutare (perché mi sembra di sfruttarle) devo convincermi che è per il bene di tutti. Anche di fronte ai sensi di colpa che, più spesso, non sono per il fatto di “abbandonare” la pallina ad altre mani ma piuttosto sono sensi di colpa perché non mi sento in colpa nell’ “abbandonarla”. Poi, alla fine della fiera (o forse tanto per darsi un alibi ulteriore) diciamo che fa bene sia a lei che a me staccarci un po’ e che comunque due ore al giorno forse tutti i giorni o forse no non sono proprio una tragedia. Credo crescerà bene lo stesso; anzi, ne sono certa.

Detto questo: rimettiamoci in pista. E spero di andare avanti con le amiche/fan di sempre e con tante altre nuove amiche.

Ma ora la principessa reclama: pasciuta e cambiata, merita (e io con lei) una passeggiata.

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