sabato 21 gennaio 2012

casa dolce casa



Meno cinque. E siamo a casa.

Temevo che appena varcata la soglia il Nilo rompesse gli argini costringendoci a fare dietrofront per correre in ospedale. Invece la principessa sembra collaborare. Ci ha permesso di accomodarci e portare a termine le prime due tranche – le più impegnative – del ritrasloco.

È per questo che ieri ho mancato l’appuntamento con il countdown: è stata una giornata intensa preceduta, fortunatamente, da una notte di sonno pieno, profondo e che si è conclusa ben alle 7.15. Credevo invece che l’avrei passata in bianco fra il pensiero della valigia da preparare, le pulizie da dirigere (Lui mi aveva infatti promesso che si sarebbe piegato a ogni mio volere di casalingo), la spesa da fare, oggetti e vestiti da risistemare. Invece l’ho presa con filosofia: un incentivo è venuto dal fatto che Lui si è alzato ben dopo di me impedendomi di dare il via alle grandi manovre, così che poi – arrivati nella nostra reggia new style – abbiamo disfatto rapidamente i bagagli e, fra una tenerezza e l’altra, mi ha proposto di pranzare fuori. Non prima di aver saccheggiato il supermercato; e, tuttavia, la cambusa è ancora carente di qualche genere di prima necessità, del tipo

(io): «Dobbiamo prendere le mele»
(Lui): «Mele … ok, adesso. Vuoi banane?»
(io): «Ma sì, prendine un paio».



Arrivati a casa, mi accorgo che o è passato il mago Silvan oppure una scimmia se l’è rubate: «Beh, se queste sono le premesse, quando sarai a casa dopo l’arrivo della principessa e dovrai andare a far la spesa ti toccherà salire e scendere le scale diverse volte al giorno per soddisfare la lista …».
 
 
Comunque, assolte queste prime incombenze, pranzato, rientrati alla base, sistemata la spesa si è ormai fatta l’ora del trucco e parrucco in vista di quello che – ormai oltre ogni probabilità – è stato l’ultimo lavoro in “una e mezza” che ho svolto. Ammetto che stavo per dare forfait: continuo ad avere un vago senso di gommone in mezzo al mare in tempesta per cui temevo seriamente di caracollare a terra nel bel mezzo della presentazione. Ma ce l’abbiamo fatta: e ne sono stata molto soddisfatta anche se la sensazione dominante della serata, scaldata da una profusione di sorrisi e complimenti, è stata quella di essere una creatura surreale, un ibrido fra E.T. e Wonder woman. Strana io ad aver voluto presentare la collettiva a sei giorni dalla data presunta dell’allunaggio, o strano chi non l’avrebbe fatto?

Prima di rientrare a casa abbiamo fatto un nuovo passaggio nella locanda “mamma-nonna” che a lungo ci ha ospitati per la seconda tappa di trasloco comprensiva dei mici. Dopo averli imbottiti di tranquillanti e riempito un’altra valigia ci siamo imbarcati: non prima, però, di aver assistito alle seconde, silenti lacrime della giornata della mamma-nonna questa volta, ne sono convinta, dovute alla separazione dal gatto Billy a cui in questi due mesi ha dedicato costanti cure per conquistarlo senza peraltro riuscirci pienamente. Sorprendentemente è stato proprio lui il primo a intuire il funzionamento della gattaiola, ulteriore nuova dotazione della casa, lasciandoci invece in balìa dei mal compresi pianti di Degas che ha rinunciato al suo consueto a plomb da filosofo dando diversi segni di inquietudine.
 
 
Entrambi, comunque, prima di prendere la via delle scale e quindi del cortile, si sono avventurati in ogni stanza per valutare e approvare il restauro e le novità, provare il box doccia e il bidet oltre alla sedia a dondolo nella princess’room. Sembrano piuttosto soddisfatti; noi, invece, siamo proprio felici. Sembra un nuovo inizio, con le promesse di tenerezze del primo ingresso in casa ancor più addolcite dal fatto che Lui, senza dire nulla, ha ritirato fuori la fede dal cassetto. Forse ignara di tutto questo o forse intenzionata a partecipare alla nostra nuova tranquillità, la bimba stanotte ha pensato bene di giocare a rugby nel piccolo campetto che le abbiamo procurato. Adesso, però, se anche dovessi andare urgentemente all’ospedale da sola, sono paradossalmente più tranquilla.

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