venerdì 23 dicembre 2011

so this is Christmas...con annessi e connessi



Bene: questo post ha cominciato a formarsi nei miei pensieri stanotte, verso l’una, quando già da un pezzo mi ero svegliata e non riuscivo a riprendere sonno. Così mi sono alzata, sono andata sulla poltrona in cucina e ho iniziato a leggere due riviste accanto al gatto Degas che sembrava aver perfettamente capito il mio stato d’animo. Anche lei, purtroppo, credo l’abbia capito. E mi dispiace pensare che, purtroppo, stando così le cose, erediterà il fardello di ansia e angoscia con cui convivo da sempre: a patto che la serenità e pacatezza di Lui non riescano – come spero – ad avere il sopravvento.
Tra il mal di stomaco e le preoccupazioni per la cena di stasera (preoccupazioni che inglobano il “come andrà” e il “spero di non mangiare”: troppo è un avverbio che si può anche omettere tanto il risultato è uguale) la notte l’ho passata quasi in bianco. Eppure intorno a me ci sono tanti segni che mi riportano al Natale di quand’ero bambina: i film di Stanlio e Ollio in televisione, l’albero (però senza presepe per non trovarci come personaggi supplementari due gatti-pastore), i profumi che tra qualche ora inizieranno a invadere casa.
Ma lo spirito natalizio mi è distante, e avrei tanto voluto non fosse così, soprattutto quest’anno. E’ l’ultimo anno in cui siamo una coppia, avrei desiderato qualcosa di speciale: una cena a casa nostra con gli amici simile a quella dello scorso anno, un Capodanno divertente in gruppo o con un romantico tete a tete… invece siamo ancora come desaparecidos e ormai ci stiamo rassegnando all’idea che la principessa nascerà in trasferta. Indipendentemente da quando riusciremo a finire le pulizie (che, per inciso, devono ancora iniziare), non potremmo rientrare a casa perché la caldaia ha smesso di funzionare poche ore dopo la sua accensione e i pezzi di ricambio – grazie alle feste –arriveranno appena dopo la Befana. Insomma: per ora l’unica tranquilla è proprio la principessa, ancora serena e sgambettante dentro la sua roulotte che, invece, tanto tranquilla non è. Ma tanto per far qualcosa di utile, ieri sera ho finalmente portato in trasferta anche il borsone per l’ospedale per riempirlo e scoprire in breve che è comunque troppo poco capiente rispetto a ciò che dovrebbe contenere: quindi ne dovrò prendere uno nuovo.
Intendiamoci: in definitiva questo “ritorno in famiglia” tanto male non è: mi risparmia tutti i lavori di casa e ho sempre qualcuno con cui parlare. Ma, ho pensato ieri, potrebbe rendermi ancor più difficoltoso il passaggio da pensare per uno a pensare per due: una cosa che in qualche modo è già successa con l’inizio della convivenza. Ma Lui, grazie al cielo, nonostante certe pecche e abitudini contrastanti, era autosufficiente. Qui, invece, si tratterà di pensare a qualcuno che senza di te proprio non ce la fa perché non può farcela, di qualcuno a cui devi badare 24 ore al giorno 7 giorni su 7. E la cosa, insieme ai dolori del parto, comincia a spaventarmi: più del cenone di stasera.

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