mercoledì 14 dicembre 2011

Christmas blues?


Ormai siamo alle ultime battute. Il bagno è quasi a posto e restano da pitturare due sole stanze. Scrivo mentre faccio da apriporta al termoidraulico, venuto a sistemare l’ultimo termosifone e ad avviare la caldaia. Mentre lo aspettavo ho smistato un po’ di immondizia (per molti la raccolta differenziata è ancora un mistero tipo Atlantide), ho spazzato e tolto lo scotch dai battiscopa e dalle porte del corridoio. Ora sono seduta su un angolo del divano: davanti a me il tavolo sormontato da pile di libri oltremodo polverosi, a destra la mensola in vetro che aspetta di essere appesa sopra il lavandino, per terra a sinistra i cassetti del mobiletto dell’ingresso smontati e pronti a prendersi anch’essi una buona dose di polvere. Quello che potevo fare, per oggi, l’ho fatto, a parte alcune commissioni fra cui prendere appuntamento con la parrucchiera per darmi una rassettata in modo che la bimba, appena mi vedrà, non decida di tornare da dove è venuta. Quindi, in attesa che l’operaio concluda (e chissà Dio quanto ci vorrà) mi son seduta davanti al computer; a far nulla.

Perché proprio non ho voglia.
 
Alle 14 ho un appuntamento di lavoro al mare: già, il mare d’inverno, situazione di per sé malinconica che potrebbe far precipitare ulteriormente il mio umore. Non so se ci andrò: sia perché non so fino a che ora dovrò fare il segugio, sia perché sono stanca, tanto, enormemente: anche se mi sono alzata alla stessa ora di tutte le mattine e la notte è trascorsa con il solito andirivieni di veglia e sonno alternate ai ruzzolamenti della principessa. Almeno si diverte, lei.

Non so perchè oggi son così: sarà che di questo periodo di lavori in casa ciò che più mi è pesato è stato proprio salire in auto per venire ad aprire ai lavoratori di turno (e chi li conta più); sarà che più guardo la casa e più mi convinco che sarà impossibile ridonarle un aspetto vivibile entro il 2020; sarà che il Natale si avvicina e ancora lo vedo indefinito; sarà che penso a quanto adoro il consumismo festaiolo e a come mi piacerebbe andare per centri commerciali a scegliere regali e regalini mentre sono bloccata dai lavori, dall’enormità delle ultime spese e pure dalla stanchezza; sarà che il Natale mi favorisce sempre un mood piuttosto malinconico, che mi porta a ripensare ai natali di quand’ero bambina: perfetti appena mi vengono in mente, ma a ben vedere anche quelli screziati dai nervosismi perché il tacchino non è riuscito abbastanza bene, il brodo è insapore, lo spumante non abbastanza freddo e, allora come oggi (ma ora molto di più perché, purtroppo, capisco) venati da impercettibili malumori per rapporti costretti.

Ecco: ho sempre sognato il Natale della famiglia del Mulino Bianco o del panettone Motta (tanto per non fare nomi); poi, ogni anno, ci si ritrova a fare i conti con il non detto e il non fatto di un intero anno, con aspettative che non si sa dove andranno a parare (legate, in questo caso, al Capodanno, al rientro in casa, a come starò e se lei deciderà eventualmente di farsi conoscere prima) e con mille impegni da assolvere nelle ultime 24 ore che precedono il 25 dicembre. Perché, come per il matrimonio, per quanto ci si muova in tempo, si facciano tabelle di marcia e la data X rimanga costante, il Natale ci coglie sempre impreparati.

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